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Canna, Giovanni

Intra,
Laveno, 14 maggio 1905

«Ieri mattina improvvisa si diffuse in città la notizia della morte del geometra Giovanni Canna a Laveno. Contemporaneamente si venne a sapere che il geometra Canna aveva lasciato erede universale del suo patrimonio la nostra Congregazione di Carità.
Tale notizia destò dolorosa sorpresa per quanto si sapesse che da qualche tempo il Canna era indisposto. Appunto per questo i medici gli avevano consigliato di cambiar aria ed egli si era recato a Laveno in casa del suo amico geom. Castiglioni.
Il patrimonio del Canna è valutato a oltre lire 200.000 ed anche questo ha destato meraviglia perché il Canna conduceva vita modestissima, assolutamente aliena da ogni sfarzo.
Il suo testamento è in data del 17 gennaio 1905. In esso dichiara che revocando qualsiasi precedente disposizione nomina erede universale la Congregazione di Carità d'Intra perché impieghi principalmente il capitale in letti all'ospedale per vecchi muratori d'Intra e dintorni. Lascia alcuni piccoli legati a parenti e un legato annuo di lire 1200 alla sua fedele amica, la signora Reis, lire 10.000 all'Asilo d'Infanzia, lire 3.000 a quello di Suna. Vuole funerali modestissimi e desidera essere sepolto nella tomba del Comune.
Lascia lire 300 alla Congregazione perché distribuisca pane ai poveri il giorno dei suoi funerali. Infine nomina suo esecutore testamentario il geom. Castiglioni di Laveno.
La Congregazione di Carità si è recata a prendere la salma e ha ordinato per domani, mercoledì, i funerali di prima classe. L'atrio dell'ospedale sarà trasformato in camera ardente. La congregazione ha fatto comunicare un manifesto ai cittadini».

La Vedetta, 16 maggio 1905

«Il geom. Canna per S. Vittore.
Conviene ricordare nella doverosa circostanza della perdita del geom. Canna quanto egli fece per la Collegiata di S. Vittore. A sue spese fece costruire la ringhiera di ferro che gira il cornicione interno della chiesa, opera assai utile, che toglie dei pericoli. A lui si devono ancora i vetri colorati ai quattro grandi finestroni del coro».

La Vedetta, 20 maggio 1905

[Leonardo Parachini]