I cookie ci aiutano a fornire in modo adeguato i nostri contenuti. Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. 

Gallarini, Rosa n. Cobianchi

Intra, 16 aprile 1790
post 1824
Figlia di Vittore fu Giuseppe Antonio, ricco commerciante di tessuti, e della milanese Giuditta Faccioli. Sposata con Giuseppe Gallarini, commissario di polizia a Novara.
Insieme alla sorella minore Amalia partecipò attivamente ai moti rivoluzionari del ’21, attività cospirativa che gli valse a buon diritto a posteriori il titolo di giardiniera.(1) Prove della sua partecipazione ai moti rivoluzionari sono contenute negli atti del processo intentato contro Confalonieri-Pallavicino e altri patrioti milanesi condannati il 21 gennaio 1824 al carcere duro nella fortezza dello Spielberg. In questi documenti, conservati presso l’Archivio di Milano, risulta infatti che non solamente attraverso il pendolarismo tra Milano e Novara delle sorelle Cobianchi avvenne uno scambio periodico di informazioni e di corrispondenza fra i federati piemontesi e quelli lombardi; ma il palazzo Faccioli-Cobianchi di Milano si trasformò in luogo sicuro di riunione dei cospiratori, tra questi i fratelli Gaetano, Carlo e Giovanni De Castillia – amici d’infanzia - il poeta Giovanni Berchet, il diplomatico Emanuele Marliani, e l’avvocato novarese Giuseppe Vismara.
In un rapporto redatto da un confidente di polizia così leggiamo: «Una figlia Cobianchi [Rosa] diversi mesi all’anno resta a Milano nella casa paterna ove trovasi anche attualmente. Per dare poi una giusta idea di questa pericolosa donna sotto le viste politiche, oltre l’esser essa sempre avvicinata da persone nemiche dell’attuale Governo, gioverà l’accennare di essere io stato accertato in Novara da persona degna di fede, ch’essa stessa da Milano spedì colà le stoffe necessarie per fare diverse bandiere a tre colori». Durante una perquisizione in casa di Gaetano de Castillia, uno dei principali fautori dei moti rivoluzionari, venne rinvenuto materiale compromettente: pubblicazioni, manifesti, corrispondenza varia, e tra questa una lettera di Amalia e due di Rosa. Il capo della polizia Goheausen diede subito l’ordine di convocare le sorelle Cobianchi per gli inevitabili “chiarimenti”. Interrogate ripetutamente non caddero mai in contraddizione ma riuscirono sempre a fornire risposte verosimili, data la conoscenza dall’infanzia dei De Castillia, non compromettendo così nessun patriota. Contro di loro non fu emesso alcun provvedimento restrittivo, ma per circa due anni furono tenute sotto sorveglianza, poi, non essendo emersi «dati più positivi per accusare queste femmine di complicità nella congiura», ogni procedimento poliziesco contro di loro cessò.

(1) Giardiniere erano chiamate le donne affiliate alla Carboneria. «Tre era il numero sacro che, elevato al quadrato, dava il numero delle giardiniere componenti un giardino formale, raggruppamento od aiuola. L’iniziazione avveniva soltanto al termine di una lunga e meticolosa indagine; si cominciava con il grado di Apprendista (il cui motto era Costanza e Perseveranza) per poi passare a quello di Maestra giardiniera (parola d’ordine Onore e Virtù) un livello già impegnativo che autorizzava a portare un pugnaletto tra calza e giarrettiera. Per riconoscersi le giardiniere usavano il gesto di disegnare con la mano un semicerchio, toccandosi la spalla sinistra, poi la destra e battendo infine tre colpi sul cuore».


Bibliografia:
Mario Nagari, Le ”giardiniere” Amalia e Rosa Cobianchi di Intra, compromesse nei moti del `21, in «Bollettino Storico per la provincia di Novara», LXV (1974) fasc. 2, pp. 115-144

[Leonardo Parachini]